Il mio viaggio. Arianna Ubezio – 4^ C Rim
Arianna era bella, dentro e fuori. Una studentessa eccellente, una sportiva, un’altruista con lo sguardo sempre rivolto agli altri. Ci ha lasciati lo scorso 11 luglio a soli 17 anni a causa di un rabdomiosarcoma, malattia contro la quale ha combattuto con coraggio, forza e dignità per quasi tre anni.
Una sfida quotidiana quella che ha affrontato sempre con fiducia e con il sorriso, senza mai perdere la scuola, presente e attiva come animatrice dell’Oratorio di Cerano, accanita tifosa della Juventus, innamorata della sua Sardegna e di San Nicolò, il luogo del cuore, ironica e incredibilmente capace di far ridere gli altri, volitiva, ottimista, curiosa su tutto, desiderosa di verità e schiettezza in ogni situazione, anche da parte dei medici che l’avevano in cura.
Di lei non resta solo il ricordo di una ragazza “tosta” e speciale: i genitori Flavio Ubezio ed Elisa Ausonio, amici ai quali la nostra associazione esprime affettuosa vicinanza, hanno autorizzato COMETA a pubblicare un elaborato che Arianna ha scritto negli scorsi mesi per la scuola. Le era stato richiesto di trattare il tema “Il mio capolavoro” e lei ha intitolato il suo lavoro “Il mio viaggio”.
Vi invitiamo a dedicare qualche minuto alla lettura di queste parole sagge e mature, che spronano tutti noi ad affrontare con grinta le difficoltà e a non mollare mai. Parole che vincono comunque su tutto per la loro grande umanità, che brillano di una luce unica e abbagliante e che fanno risuonare, ancora una volta, la voce di Arianna.
Il mio viaggio.
Arianna Ubezio
4^ C Rim
Quest’anno, tra le attività richieste per il nostro percorso scolastico, è stata inserita anche la presentazione di quello che noi consideriamo un nostro personale “capolavoro” , il che, pensandoci, è un nome tremendamente azzeccato, visto che rappresenta quello che siamo e che la nostra crescita rappresenta, un qualcosa di unico e solo nostro, o comunque è così che probabilmente definirei il mio di capolavoro.
Ho pensato molto a quale argomento trattare, visto che sono una ragazza con diversi interessi, ma alla fine ho deciso di parlare di ciò che per me è stato davvero importante, in quanto ha condizionato la mia adolescenza negli ultimi due anni: il mio viaggio attraverso la malattia.
Mi rendo conto che non si tratta di un argomento semplice, né da scrivere né da leggere, ma visto che per mia fortuna non tutto di me urla “SONO MALATA” , ho deciso di condividere una parte di questa mia esperienza.
Sono infatti da ormai più di due anni che combatto contro un tumore raro, molto aggressivo, della famiglia dei sarcomi, chiamato Rabdomiosarcoma (già il nome è piuttosto impegnativo da pronunciare), nella versione sclerosante, una sottospecie ancora più rara, per cui non hanno ancora trovato una cura definitiva, in quanto è stato scoperto da poco.
Nonostante ciò, non ho mai avuto dubbi sulla mia completa guarigione e questo mi ha permesso di non vacillare, concentrandomi su tutto quello che sarebbe stato necessario fare per uscire presto da questa brutta situazione; e, personalmente, vedo proprio il mio capolavoro nella resilienza e nella pazienza che ho tirato fuori, per conciliare tutte le sfide che ho dovuto affrontare dal punto di vista medico, con la mia normale vita da adolescente e da studente.
Purtroppo, dopo un primo ciclo di cure molto impegnative, che prevedevano anche ricoveri in ospedali, ma che hanno portato alla negativizzazione della mia lesione, ad aprile dello scorso anno, mi è stata diagnosticata una recidiva, un vero fulmine a ciel sereno, proprio nel momento in cui pensavo di poter riprendere in mano la mia vita: avevo appena ripreso ad andare in palestra ed ero rientrata da una bellissima esperienza in Spagna, condivisa con la mia classe… davvero non ci voleva!
Per cui ho dovuto ancora mettere tutto in stand-by e riprendere le cure, che, senza sconti, mi hanno fatto riperdere tutti i capelli e ripiombare in una stanchezza infinita.
Dopo lo sconforto iniziale, mi sono tirata su nuovamente le maniche, e ho ricominciato la mia battaglia, purtroppo questa volta consapevole di tutto ciò a cui sarei andata incontro: avrei potuto decidere di seguire la strada più comoda, scegliendo di seguire le lezioni da casa, ma ho preferito fare un sacrificio e frequentare la scuola in presenza (anche perché a scuola il tempo mi sembrava passare più velocemente e i miei compagni, mi hanno sempre aspettato a braccia aperte).
La terapia era spalmata su tre settimane: la prima con cinque giorni continui di chemio, pausa nel weekend; la seconda settimana prevedeva “solo” un trattamento il lunedì, ma dal martedì il contraccolpo delle cure si faceva sentire, perciò non riuscivo comunque a daro il meglio di me; la terza settimana era invece l’unica delle tre in cui stavo decisamente meglio, quasi ad un livello che definirei “normale” (per un paziente oncologico), rispetto a tutto quello che stavo facendo: perchè stanchezza, nausea e poca lucidità erano comunque sempre lì presenti.
Questo protocollo si è ripetuto per quattro cicli durante l’estate, e poi, a consolidamento degli ottimi risultati ottenuti a settembre, per altri quattro.
Ma il nuovo anno, quando ormai ci aspettavamo di poter finalmente tirare su un sospiro di sollievo, ci ha portato una nuova sorpresa indesiderata, in quanto, dagli esami di rivalutazione, abbiamo scoperto che tutti questi sforzi sono stati vani: le lesioni si erano riattivate e ci hanno diagnosticato una nuova ricaduta, l’ennesima, aggiungerei.
E’ stato proprio in quel momento che ho pensato davvero di arrendermi: il periodo di attesa prima della nuova terapia, l’isolamento alla quale mi sono costretta, il malessere fisico e mentale, insomma, è stata davvero dura, ma ho resistito, ho lottato e tuttora lo sto facendo, grazie al supporto della mia famiglia, dei miei amici, dei miei insegnanti, dei bambini e di tutte le persone che ho conosciuto durante le attività scolastiche ed ospedaliere; è grazie a tutti loro se oggi posso essere qui seduta a raccontare della pazienza, della perseveranza, della tenacia, ma anche della tristezza, della rabbia, dell’incomprensione e della solitudine che ho dovuto provare e affrontare.
Per contro, sono però anche consapevole che certe esperienze ti fanno maturare come persona e ti permettono di affinare nuove doti: nel mio caso ho sviluppato una certa intelligenza emotiva e una buona sensibilità, direi quasi sovrumana; doti molto apprezzate nella società odierna, per cui spero un giorno, quando vincerò una volta per tutte la mia battaglia, di poter mettere a frutto queste mie doti, magari al servizio degli altri.
Nonostante tutto, mi ritengo una persona fortunata per tutto l’amore che ho ricevuto e che sento intorno a me, e posso dire che sono molto fiera di come ho affrontato e sto ancora affrontando questo mio “viaggio”; purtroppo ho capito che la vita non si muove su una linea retta, ma scorre lungo un susseguirsi di curve e tornanti, che la rendono più movimentata e avventurosa, sicuramente mai scontata; e se dopo tutte queste avventure dovessi davvero dover scegliere solo una cosa da definire come mio “capolavoro”, sarebbe senza dubbio poter essere qui a raccontarlo.
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